Barene, canali, velme e valli da pesca
Andiamo ora ad analizzare sinteticamente il cosiddetto “sistema acqua” della laguna, cioè il rimanente 92% della superficie totale.
I canali (naturali o artificiali) possono essere suddivisi in principali e secondari.
I canali principali sono normalmente utilizzati per la navigazione commerciale, privata e turistica, mentre invece i canali secondari non sono tutti navigabili. Alcuni di essi sono sommersi solo con alta marea. La maggior parte dei fondali nei canali è ricoperto di fanerogame marine[1], come posidonia e zoostera. Alcune aree, sommerse o emerse a seconda del livello dell’acqua, sono solcate dai ghebi; questi canaletti raggiungono le zone più interne della laguna, penetrando all’interno di velme e barene per formare laghetti chiamati ciari.
Le velme
I bassifondi più elevati, che emergono solo occasionalmente, sono le velme.
Convenzionalmente si comprende il livello della velma tra le basse maree di sigizie e le alte maree di quadratura; sono cioè sommerse per la maggior parte del tempo.
Le velme presentano una vita intensa, anche se poco vistosa. La fanghiglia argillosa molle e plastica che affiora, ospita infatti vermi marini, anemoni di mare, ascidie, ecc., animali che, per il loro aspetto, sono spesso confusi e considerati forme vegetali.
I vegetali che popolano le velme invece, sono per lo più alghe verdi e la Zostera, chiamata dialettalmente alega, ma che in realtà è una pianta vascolare dalla fioritura poco visibile, data l’eseguità dei fiori.
Tra le alghe ricordiamo la Lattuga di mare (Ulva), dal tallo laminare verde intenso, sottile, che facilmente viene strappato dalle onde e l’Enteromorpha, altra alga verde dal tallo formato da filamenti tubulari.
Dove ci sono massi o mattoni si può trovare il Fucus, alga bruna ramificata, dalle tipiche vescicole piene di aria, che sorreggono il tallo nel galleggiamento. Non è un’alga frequente in laguna, ma è tipica degli scogli soggetti all’escursione di marea.
Barene
Le barene invece hanno la loro quota bassa che coincide con il limite inferiore alle alte maree di quadratura (sono sommerse solo dalle alte maree eccezionali); possono essere distinte in barene basse, medie e alte.
Per evitare confusioni e per definire in modo più univoco quest’ecosistema eccezionale, ed estremamente rappresentativo delle zone umide, è stato così definita: la barena è individuata dalla presenza di vegetazione alofila (piante che ben sopportano l’ambiente ad elevata salinità) che riesca a completare su di essa il proprio ciclo vitale. Le barene presentano un suolo pesante, asfittico, scarsamente permeabile, di composizione limo-argillosa, definito «suolo salso» per la elevata concentrazione di cloruri.
Le piante che vivono in questo terreno, che offre condizioni severissime, hanno adottato differenti strategie per sopravvivere.
Cresce così una vegetazione diversa da quella che possiamo trovare in un ambiente di prato o di bosco e, che per la sua caratteristica di vivere in suoli salati, è detta vegetazione «alofila» (alo e filo = che ama il sale).
La barena non si mostra completamente uniforme, ma in essa possiamo notare delle zone distinguibili per la diversità della vegetazione: la maggior o minor compattezza del terreno, il ristagno di acqua salata, ecc., danno caratteristiche al biotopo che favoriscono diversamente le specie vegetali.
Cominciamo un’«esplorazione» dai bordi.
Bordi bassi sommersi frequentemente
Dalla fanghiglia dei bordi compatti e a diretto contatto con l’acqua salmastra della laguna spunta Spartina stricta, una graminacea forse poco appariscente, ma di grande resistenza. Essa nasce molto unita e molto fitta formando chiazze di vegetazione ai margini delle barene e nelle parti più basse di queste. Le sue radici sono immerse nell’acqua, tranne nei periodi di prolungate basse maree.
Perciò è facile vedere la vegetazione dei margini bassi della barena (Spartineto) sommersa e spuntare dall’acqua solo i culmi della Spartina. Molto importante l’azione consolidante svolta della radici di quest’erba, che contrasta l’erosione dei bordi delle barene.
Zone marginali più compatte e più elevate rispetto al livello medio di marea
Nelle barene più vicine alla terraferma o in quelle zone marginali che vengono sommerse solo durante le maggiori alte maree o dove l’acqua è meno salata, troviamo più frequenti altre specie: tra queste il Giunco marino (Juncus maritimus).
Il Giunco marino non predilige le zone nelle quali ci sia una regolare sommersione ad opera della marea: lo troviamo dunque nelle valli salse, dove l’onda di marea giunge assai attenuata, negli acquitrini fra le dune, oppure al centro delle barene, dove l’azione diretta dell’acqua marina è meno sensibile.
Una specie comune agli ambienti umidi salati e a quelli dolci è la comune Canna di palude (Phragmites australis) che troviamo un po’ ovunque: lungo le sponde di laghi, stagni, fiumi, sia nelle zone salmastre come i margini della barena o le arginature delle valli. Questa specie forma il canneto, una vegetazione molto fitta per lo sviluppo dei culmi da fusti sotterranei, spesso sommersi.
A differenza delle zone popolate a Juncus, nei bordi più salati dove l’acqua salmastra arriva con le alte maree e la concentrazione salina è elevata, troviamo una vegetazione costituita da specie dagli spiccati adattamenti all’ambiente estremamente salato e arido (soprattutto per la mancanza di acqua dolce utilizzabile per i processi vitali delle cellule).
Qui troviamo piante dalle foglie carnose o ricoperte da peluria o da scaglie cerose per diminuire il più possibile la traspirazione ed evitare perdita d’acqua. Specie frequente in questi ambienti è il Santonico (Artemisia caerulescens); con essa, oppure negli ambienti dove essa potrebbe vivere, troviamo anche Inula crithmoides (Salin) e Halimione portulacoides (Obione).
Zone centrali nella barena
La zona centrale della barena, leggermente depressa, dove l’acqua ristagna in superficie anche dopo il deflusso e dove, soprattutto d’estate, l’evaporazione accentua la salinità del suolo, è occupata da numerose alofite succulente che formano densi cespugli dalle tinte rossastre nei periodi autunnali: le Salicornie.
La salicornia è un genere di piante della famiglia chenopodiaceae che comprende circa 30 specie, il cui riconoscimento non è facile; la classificazione principale è tra le specie europee (S. europaea) e quelle americane (S. depressa). Una di queste, che troviamo spesso a colonizzare terreni salati marginali più o meno erosi è Salicornia veneta.
Questa pianta preferisce le zone centrali e meno depresse.
Spesso, proprio in queste zone (foto 3), si trovano ampie chiazze prive di vegetazione dove ristagna l’acqua e si depositano le alghe, le quali esposte ai raggi solari seccano e morendo perdono la clorofilla assumendo l’aspetto di carta stropicciata.
Nelle zone centrali oltre la Salicornia, vegetano specie alofile tipiche: Puccinellia palustris, Aster tripolium, Limonium vulgare, ecc..
Nell’insieme formano una vegetazione ricca, tipica della barena non attaccata all’erosione e che predomina nei terreni argillosi fortemente imbevuti d’acqua salmastra.
Zone con accumulo di sostanza organica
I resti degli animali e piante morte (oltre a scarichi di origine antropica), sono fonte di materia organica nelle acque lagunari la cui concentrazione è molto elevata.
Nelle zone dove si accumula maggiormente la materia organica cresce Suaeda maritima, una specie di color rosso-violaceo in autunno, che generalmente vive insieme con altre specie come Salicornia herbacea s.l., Halimione portulacoides, Aster tripolium, ecc..
Un’altra pianta che predilige terreni «ben concimati», soprattutto ricchi di sostanze azotate (nitrofila) è Salsola soda, presente però nei terreni meno marcamente salati.
La barena è un ambiente fragile ed in pericolo,
Recentemente protetto da normative ed opere pubbliche del Magistrato alle acque e del consorzio Venezia nuova.
La parte più interna della laguna ed in particolare le barene, sono aree in cui la navigazione e le altre attività umane sono regolamentate, per la difesa di questi ambienti: in particolare sono molto restrittivi i limiti di velocità e il permesso di navigazione per unità a motore.
Sulle barene è vietato il campeggio, l’ormeggio o l’alaggio di imbarcazioni[2].
La progressiva estinzione delle barene è proporzionale all’erosione provocata dai canali.
Prima della costruzione delle dighe foranee alle bocche di porto (Malamocco: 1840-72; Lido 1882-1910; Chioggia 1911-30) i porti d’ingresso in Laguna erano protetti da cordoni sabbiosi posti parallelemente alla costa.
A seguito della costruzione delle dighe nei canali le velocità delle correnti sono aumentate in proporzione alla loro profondità, considerevolmente aumentata naturalmente.
In alcuni canali, come nel San Leonardo (canale dei Petroli), vengono ulteriormente aumentate artificialmente mediante escavi periodici (a profondità di oltre 15 metri).
La diminuzione della superficie barenale totale è diminuita dal 20% del 1900, al 13% del 1930 al 8% del 1970, insieme alla sparizione di alcune isole minori.
Arginature elevate
I bordi di un’isola, l’arginatura di una valle, zone di litorale, ecc. costituiscono ambienti influenzati dalla salsedine, ma che non hanno le caratteristiche delle barene, pur essendone spesso la diretta continuazione.
In queste cinture o bordi, una graminacea che possiamo trovare frequentemente è Agropyron pungens, che forma popolamenti più o meno estesi e tende a crescere nei terreni con debole salinità.
I periodi di maggior sviluppo della pianta sono l’autunno-inverno e la primavera, quando il terreno è dissalato dalle acque piovane.
Oltre alle fasce ad Agropyron, nelle zone salmastre, sia lagunari che di litorale marino, si trovano altre specie come Atriplex latifolia e Beta vulgaris ssp. maritima. Atriplex latifolia cresce frequentemente nei terreni litoranei, incolti, o sui bordi non sommersi delle isole, là deve gli spruzzi e la salsedine si fanno ancora sentire. Cresce spesso tra le fessure dei marmi dei ponti e delle rive dei canali veneziani.
Anche Beta vulgaris ssp. maritima cresce su terreni debolmente influenzati dall’acqua salata. Essa assomiglia moltissimo alla Bieta coltivata: infatti è la pianta selvatica da cui l’uomo attraverso incroci ha selezionato le varietà coltivate: Bieta, Bietola, Barbabietola da zucchero, ecc..
Valli da pesca
Le valli da pesca della zona di Caposile (valle di Dragojesolo), all’estremità NE della Laguna.
La zona di confine con il bacino scolante offre la presenta di numerose valli da pesca. Esse hanno origini antichissime e il loro utilizzo risale all’epoca pre-romana.
Originariamente le valli da pesca erano in comunicazione con le acque della laguna, separate da reti naturali di canneti, appositamente governate in modo da permettere l’ingresso del novellame durante la montada, cioè la risalita di di pesci e crostacei (allo stadio larvale) dal mare verso i fiumi. Successivamente gli animali venivano intrappolati tramite percorsi obbligati nella fase in cui, adulti, si dirigevano istintivamente verso il mare (smontada).
Attualmente le valli sono completamente separate dalla laguna per mezzo di argini. La comunicazione tra le acque delle valli e la laguna avviene tramite sistemi di chiuse idrauliche (chiàviche), manovrate dagli operatori delle aziende ittiche concessionarie, secondo le necessità di ricambio o livellamento delle acque; le reti utilizzate per i percorsi delle specie allevate sono per lo più di nylon. Il novellame va seminato, dopo essere stato pescato. Questa pratica impoverisce la pesca in laguna e solleva polemiche e lamentele da parte dei pescatori lagunari.
La vallicoltura è una azienda molto redditizia, ai massimi livelli di resa (biomassa / superficie coltivata) se paragonata a terreni forestali, agricoli o agricoli industriali (agricoltura intensiva). Tale pratica offre impiego fino a 2 addetti ogni 100 ha.
Le specie allevate nelle valli da pesca della laguna veneta sono: branzino, orata, cefalo (bosega, otregan), gamberi, anguilla; tutte specie profondamente adattabili ai cambiamenti ambientali.
Vedi anche la II parte: Laguna, il sistema suolo, Evoluzione della Laguna, Clima della Laguna, Maree e correnti di marea, Morfologia della laguna, La rete dei canali.
Collegamenti esterni.
Banca dati ambientale (ISTITUTOVENETO DI SCIENZE, LETTERE E ARTI): http://www.istitutoveneto.org/venezia/home_bda.htm
Tutte le schede di flora e fauna dell’ISTITUTOVENETO DI SCIENZE, LETTERE E ARTI.
MAPPE
Un particolare della famosa mappa del Desaix del 1811
(non esistevano le bocche di porto)
Una mappa del 1932, ufficio idrografico del MAV.
Marino Coltro, 2014